Gli impianti dentali sono dei dispositivi medici pensati per sopperire alla mancanza di uno o più elementi dentari. Esistono varie tipologie di impianti, quelli più comunemente usati sono gli impianti endossei.

Hanno più o meno la forma di una vite che viene posizionata all’interno dell’osso con lo scopo di fungere da radice artificiale per poi sostenere un elemento dentale singolo o servire da supporto per altri tipi di sovrastrutture protesiche sia fisse che mobili.

La storia degli impianti dentali

La storia dell’implantologia risale addirittura agli Etruschi, dove nel V secolo A.C. si ha la prima testimonianza di impianto endosseo. Stefano Tramonte nel 1959 progetta l’impianto endosseo a vite piena in una lega di cromo-cobalto-molibdeno. Nel ‘63-‘64 ancora Tramonte introduce la lega di titanio (materiale che ancora oggi viene utilizzato con successo).

Nella seconda metà degli anni ’80 grazie a Branemark, un ortopedico svedese, si cominciano a studiare in dettaglio i meccanismi dell’osteointegrazione, che è quello che avviene all’impianto quando interagisce con l’osso umano e permette al dispositivo di funzionare come sostituto di una radice dentale.

Anamnesi e trattamento implantologico

Cerchiamo di capire meglio quello che fa il dentista e quali sono i criteri per valutare se si è in mani sicure. Innanzitutto, il dentista valuterà, insieme al paziente, cosa è meglio fare per riabilitare la bocca. Le esigenze di ognuno sono diverse, e il trattamento deve essere personalizzato.

Va effettuata un’anamnesi in cui si valuta la storia clinica del paziente, eventuali patologie pregresse o in corso, non tutti sono i candidati ideali per poter eseguire un trattamento implantologico, anche se è poco invasivo, di fatto, è pur sempre un piccolo intervento chirurgico. Si discute con il paziente il piano di cura, dove verrà stabilito che tipo di riabilitazione protesica fare, quanti elementi dentari devono essere inseriti e di conseguenza il numero e la sede degli impianti.

Si passa all’esecuzione di alcuni fondamentali esami strumentali per valutare l’anatomia ossea che abbiamo a disposizione per poter inserire i nostri impianti.

L’ortopantomografia, la Tac e le radiografie endorali prima e durante l’intervento sono gli esami di elezione, perché ci permettono di conoscere perfettamente la situazione dell’osso sotto la gengiva. Una valutazione esterna, infatti, non è sufficiente per valutare l’anatomia, a volte sotto gengive spesse si può nascondere un osso troppo sottile e carente.

Esistono anche delle strutture anatomiche interne alle ossa, vasi sanguigni e nervi, che dobbiamo conoscere e rispettare; quindi, dobbiamo sapere perfettamente cosa stiamo facendo per non correre rischi. In aggiunta, nei casi più complessi si possono richiedere dei modelli in resina dell’osso del paziente ricavati dalla Tac.

Grazie a questi esami preliminari siamo in grado di pianificare prima l’intervento, scegliere le dimensioni esatte degli impianti e la loro sede base al piano di cura stabilito. Una struttura all’avanguardia deve essere dotata di queste apparecchiature.

Come viene effettuato l’intervento di implantologia dentale

Di solito il paziente affronta con un po’ di ansia l’implantologia perché, diciamo la verità, sentirsi dire che gli verrà messa “una vite nell’osso” può fare una certa impressione, ma sfatiamo qualche credenza e cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Il paziente viene preparato perché l’ambiente sia il più possibile sterile, compatibilmente con il fatto che nella bocca, dobbiamo sapere, ci sono più batteri che nella parte terminale della nostra schiena; quindi, la sterilità non può essere assoluta.

Viene eseguita la stessa anestesia che viene fatta per l’otturazione di un dente. L’osso ha una sensibilità bassissima, praticamente lo facciamo primariamente per la gengiva. Una volta praticata un’incisione una serie di frese prepara il sito osseo per accogliere l’impianto. Possono essere eseguite delle radiografie intraoperatorie per valutare la direzione migliore ed eventualmente si possono apportare correzioni se necessario. Viene infine inserito l’impianto e poi suturata la gengiva.

L’intervento è praticamente indolore, una frase che sento spesso è: “Già finito? Beh pensavo peggio!” Il che, devo dire, mi rincuora molto. Prima e subito dopo l’intervento viene prescritta una terapia di supporto farmacologica, con antibiotici e antidolorifici al fine di minimizzare i rischi di infezioni.

Impianti dentali a carico immediato e differito

A 6-7 giorni si rimuovono i punti…e poi?

In alcuni casi, quando possibile, e quando vengono inseriti più impianti, questi possono essere utilizzati da subito per sostenere dei denti. In questo caso si parla di carico immediato, la protesi viene fissata entro 48 ore dall’intervento. Più spesso, soprattutto per gli impianti singoli o quando l’osso è scarso, è necessario attendere un periodo dai 3 ai 4 mesi perché l’impianto si integri con l’osso del paziente, parliamo di carico differito.

Facciamo alcune importanti considerazioni: gli impianti sono fatti in Titanio e sono moltissime ormai le aziende che li producono. Possono essere prodotti con diversi tipi di Titanio, esistono impianti realizzati in Titanio grado 4 e in Titanio grado 5.

Il grado 4 è un titanio praticamente puro e viene accettato molto meglio dal nostro organismo. Il grado 5 è più utilizzato a livello industriale, ad esempio, in ambito aerospaziale e automobilistico. È una lega di Titanio, Alluminio, Vanadio, più resistente del grado 4, ma essendo una lega con altri metalli, si comporta meno bene a livello osseo ed è biologicamente meno efficace.

Quindi sarebbe bene domandare in uno studio dentistico: quali impianti usate? Di che materiale sono fatti? Altra cosa da non sottovalutare sono gli studi clinici condotti e le relative certificazioni. Mi spiego meglio: quanti studi clinici sono stati eseguiti su quegli impianti prima di verificarne la validità? Per quanto tempo?

Le certificazioni degli impianti dentali

In ultima analisi le certificazioni: ogni paese ha dei criteri valutativi, più o meno severi, nel controllare la qualità e l’idoneità dei dispositivi medici. Ad oggi, per fortuna, è più difficile commercializzare impianti senza i requisiti di base, ma continuano a esistere realtà produttive con risultati migliori di altre.

Una delle certificazioni più complesse da ottenere è l’FDA americana. Se un impianto è certificato FDA si può stare tranquilli. Ogni clinico ha poi le sue preferenze di marca, modello, ma con questo requisito, siamo sicuri che è un prodotto di qualità.

I prezzi possono variare da studio a studio, ma la qualità ha il suo costo, e vale per tutto, diffidate da chi chiede troppo poco perché da qualche parte deve tagliare il budget.

Se fosse il vostro cuore andreste da un cardiochirurgo di cui vi fidate o dal più economico?

La compatibilità dei materiali

Molti pazienti hanno naturalmente alcune domande, le più frequenti sono la paura di avere un corpo “estraneo” e il “rigetto”.

Il titanio ha tanta letteratura che deriva soprattutto dall’ortopedia, dove lo usano da molto più tempo di noi dentisti e in quantità decisamente più elevata (pensate ad una protesi al ginocchio o all’anca). Quindi, a volte, magari si preferisce non ricorrere ad un impianto, ma poi se ci si deve operare per una frattura scomposta o all’anca o ad un ginocchio?

Possiamo essere tranquilli sul fatto che il titanio è stato studiato a lungo e non ha mai mostrato alcuna reazione avversa perché, è stato visto, non viene riconosciuto dall’organismo. L’osso guarisce dal foro che abbiamo creato come se non ci fosse nulla. Siccome l’impianto ha una geometria a vite ed ha una superficie ruvida resta meccanicamente incastrato/intrappolato nell’osso.

Quello che a volte viene chiamato comunemente “rigetto”, può avvenire per diversi motivi. L’osso ha un metabolismo lento, basti pensare a quanto ci mette una frattura a guarire rispetto, per esempio, ad un taglio sulla cute. A volte capita che la gengiva cresca tra l’impianto e l’osso e, quindi, non avvenga una vera e propria integrazione ossea. Oppure, può dipendere da un impianto scadente o da una quantità di osso troppo scarsa in termini di qualità e quantità, oppure c’è stata una complicanza infettiva.

Quanto dura un impianto dentale

Altra domanda che mi viene posta spesso è: ma quanto dura un impianto?

Sappiamo che “solo un diamante è per sempre…” al di là della battuta, virtualmente potrebbe essere così. Di fatto le variabili che decretano la durata di un impianto sono davvero molte, si va dalla marca dell’impianto, all’igiene del paziente, alla qualità dell’osso e della gengiva, l’età e la condizione di salute del paziente, se si prendono farmaci e quali, il tipo di lavoro protesico che viene fatto, quanto spesso ci si reca ai controlli. Direi comunque molti anni.

Personalmente, ho impianti da vent’anni che sembrano appena inseriti, ma non sarei onesto se dicessi di non averne mai persi o di non aver mai avuto complicanze. Il 100% di successo non esiste in nessun campo e si cerca di fare sempre il meglio possibile.

Gli impianti sono dei dispositivi sicuri che ci permettono di riabilitare un paziente dandogli dei denti fissi, o di migliorare la stabilità di protesi mobili, quindi, in ultima analisi, una qualità di masticazione e di vita migliore.

Inserire impianti evita anche di limare dei denti (magari sani) per realizzare ponti; quindi, riusciamo ad essere più conservativi rispetto ad un tempo. Le possibilità sono molteplici e per fortuna abbiamo gli strumenti per realizzarle.

Speriamo di aver dato alcuni suggerimenti utili e di aver magari soddisfatto alcune curiosità. Per maggiori informazioni non esitate a contattare Medical Noaese. Vi aspettiamo presso il nostro studio!

A cura del dott. Lorenzo Teschioni e del dott. Nicola Tottolo